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TRAFFICO DI EMOZIONI

Hai bisogno di ispirazione per scrivere qualcosa di bello e coinvolgente? Vi propongo il mio racconto.

di Flavia M.

A volte capita di trovarsi in un ingorgo mostruoso e di sentirsi come criceti nelle spire di un serpente metallico: “nelle macchine, nelle macchine tutti suonano il clacson, inveiscono contro la vecchia che ha perso il tempo del semaforo verde, contro il vicino che stringe, contro l’autobus messo di traverso, contro il mondo intero”

Ti capiterà ed è normale, ma riuscirai sempre ad uscirne.

Quando cominciai a muovere i primi passi nel mondo delle parole, mamma sostituì la storia della buona notte con questa lunga frase dicendomi che mi sarebbe stata utile. Ogni sera mi ripeteva sempre la stessa cantilena. Bastò poco per saperla a memoria. Poche sere dopo iniziai a ripetergliela io. Tante volte mi chiedo: se non l’avessi imparato forse mamma sarebbe restata con me? Poi un giorno scomparve, lasciandomi con quella frase. Dormire ora era impossibile, non riesco a trattenere le lacrime. Mamma aveva ragione, a volte mi capita di sentirmi come un criceto tra le spire di un serpente. Non penso che lei desse alla frase un senso letterale come potrebbe sembrare ad un primo impatto. Solo su una cosa Mamma aveva torto: io non riesco ad uscirne. Non ho una casa, non ho una famiglia, non ho amici ed ormai non ho più sorrisi. Una cosa però so di avere, PAURA.

La sera che mi abbandonò avevo appena 4 anni, non sapevo cosa significasse veramente vivere, e non penso di saperlo neanche oggi, perché quel passare di giorni e di notti perenne è composto da troppe emozioni, positive e negative ma io sto provando solo quelle peggiori: come leggere un libro saltando tutte le pagine che si trovano sulla sinistra. Quella notte era il mio compleanno, stavo per compiere quattro anni. Io dormivo con un sorriso stampato in faccia che non mi dimenticherò mai. C’era la Polizia, l’ambulanza ed il vociare della gente aumentava sempre di più, io però dormivo, sognavo. Penso sia stato l’ultimo sogno prima di un mare di incubi che ancora oggi mi tormentano. Stanotte, per quel poco che ho dormito, un mare di tristezza mi ha travolto.

Mi trovavo in una stanza buia, mentre ripetevo a mamma quella che per me ormai era una filastrocca. Lei era sdraiata su un letto, non mi guardava, non mi ascoltava, non si muoveva. Pian piano iniziavo a vedere il lenzuolo rosso ed il pavimento cominciò a cambiare colore. Il sangue sgorgava dal suo petto inondando la stanza che d’un tratto diventò quella di un ospedale. Ormai era troppo tardi per salvarla, le ambulanze, per via del traffico erano arrivate, senza buoni risultati, tra i clacson e la gente innervosita dal buio della notte squarciata dalle sirene della polizia.

La stanza era buia e la mamma sempre più lontana. Sentivo il vociare aumentare e le sirene delle ambulanze avvicinarsi. Non riuscivo a muovermi, restai ferma abbassando la voce. Cominciai a piangere poi silenzio.

“Mamma?” ripetei lentamente “Mamma!?” alzai la voce “Mammaaa!!!” 

Poi mi svegliai in un mare di sudore. In realtà non so come è morta, ma pochi giorni dopo la scomparsa vidi sul giornale una donna distesa a terra, sembrava mamma, ma non volevo crederci. Dormo nello scantinato di una casa, i proprietari non sanno ancora di me, ma ho rubato le chiavi del lucchetto che tiene chiusa la porta. Non penso mi scopriranno mai.

Non vado a scuola, non ci sono mai andata, non abbiamo mai avuto abbastanza soldi per permetterci i diritti che tutti gli altri danno per scontati. A volte mi basta uscire da questo scantinato per accorgermi della realtà della mia solitudine.

“nelle macchine, nelle macchine tutti suonano il clacson, inveiscono contro la vecchia che ha perso il tempo del semaforo verde, contro il vicino che stringe, contro l’autobus messo di traverso, contro il mondo intero”

La gente sembra arrabbiarsi per qualsiasi cosa, anche solo un toast bruciato può cambiare la sorte di una giornata, penso che pagherei per potermi arrabbiare per così poco. Per poter essere nervosa perché non si accorgono del semaforo verde o perché la signora con il passeggino è troppo lenta ad attraversare la strada. Oltre ai clacson delle strade dentro di me ne sento uno suonare che non smette mai, perseguitandomi in tutti i miei pensieri. L’unico ingorgo a cui ero certa di partecipare era quello che con il tempo mi si era formato dentro. Forse quello che mamma voleva dirmi è che nella vita ti capiteranno tante cose belle e brutte sicuramente, ma capitano a tutti, dagli eventi più stupidi a quelli più pesanti. C’è sicuramente chi li supera ridendo e chi invece si sfoga suonando il clacson.

O forse mamma già sapeva come sarebbe morta, e che la civiltà di oggi con la sua lentezza per le strade non sarebbe mai riuscita a salvarla da un proiettile dritto in petto.

Mamma forse è questo che volevi dirmi?

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